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LA BANDA DEL BUCO

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Gli "OMINICCHI"

Mi voglio soffermare a fare una considerazione di tipo psicologico. Quando si è pusillanimi ma al contempo inclini al male, c’è la necessità di costruirsi intorno una finta realtà parallela che costituisca un alibi che regga solidamente agli urti delle proprie malefatte. Il commercialista e Carlo si sono ritrovati uniti da questa stessa affinità elettiva da “ominicchi” e hanno consacrato la loro crociata in nome della vendetta contro chi aveva ridotto quel povero ragazzo a una condizione di schiavitù, a subire responsabilità troppo onerose, a non vivere più un’esistenza, ma ad essere una vittima designata da un padre padrone e una sorella inetta. Così rubare milioni di euro diventa cosa buona e giusta e studiare un piano per truffare chi è stato causa di questo male, un atto di giustizia. Ora qualsiasi progetto criminale ci si inventi sarà privo di quello spiacevole senso di colpa che impedisce spesso di configgere la lama fino in fondo.

Tutto era iniziato nel 2001. La fabbrica andava talmente bene che era necessario trovare un buon “fiscalista” che aiutasse ad abbassare gli utili e quindi a rendere la tassazione meno onerosa. Carlo trova il “numero uno”.

Il Maestro.

Nella penombra del suo studio, Carlo trova il modo per intascare denaro e nel contempo mettere in atto la sua vendetta. Prima regola del consulente maligno: individuare il nemico e sparargli addosso. Così che il pollo da spennare veda in te il suo più prezioso alleato.

“Tu non gli devi dare un cazzo né a tua sorella né a tuo padre, capito? Chi è che si è fatto il mazzo? Tu. Quindi, loro devono solo pagare”.

“Sì, è quello che penso anch’io”.

Carlo, che io chiamo affettuosamente il Ciccio, non crede alle sue orecchie. Si sente talmente appagato dalle parole di quest’uomo, che non riesce a smettere di scaccolarsi e di toccarsi le palle mentre si dimena sulla sedia.

Nella stanza affacciata sul municipio del paese, del commercialista numero uno, inizia la fine della mia famiglia, il suo annientamento.

Quando ci metto piede per la prima volta, non lo sospetto nemmeno. Però, col senno di poi, se uno ha studiato dai  alesiani, non lo freghi. È come quando si entra nella stanza di un albergo e si solleva il tappo del lavandino. È uno strano assioma, ma è assodato che quando lì sotto è pulito, allora anche il resto della stanza sarà impeccabile, diversamente sarà tutto sporco. La prova del nove. Se s’incontra sulla propria strada qualcuno che ha studiato dai  alesiani, bisogna scappare più lontano che si può, perché è uno che ti fotte. È automatico.  

Non che il Ciccio quando era entrato lì dentro la prima volta, non avesse già la mano lunga. Con quella ci è nato. Ma non aveva ancora affinato gli strumenti. È stato il Maestro che gli ha fornito, nel tempo, tutta la conoscenza necessaria per compiere serialmente e con metodo infallibile quello che lui fino a quel momento aveva fatto in maniera disordinata e dilettantesca. Il Commercialista è un uomo di mezza età, abbastanza ripugnante, nel senso che ha qualcosa che repelle fisicamente, almeno a me fa questo effetto. Forse perché cattolico. Quelli che sanno di chiesa, di acqua santa imputridita, mi danno fastidio. E dentro all’ufficio si respira proprio quell’odore. Un sentore di morte e di squallore è intriso in quei muri che racchiudono una collezione di piccoli soldatini, una scacchiera con pezzi del tipo “Staunton” in legno pregiato, dono di qualche cliente o, più probabile, frutto di una vendita all’incanto, la foto del papa con il maestro che gli bacia la mano, astucci in legno ricolmi di matite identiche perfettamente temperate, le sue unghie affusolate. L’immagine che mi ricorre nella mente è di lui dietro alla scrivania, nascosto dai faldoni di tutte le società a farsi un sacco di seghe nella penombra, pensando a quanto è bravo a fottere gli altri.

Se nel 2002 si riesce a mettere al sicuro un piccolo tesoretto, nelle mani esclusive di Charlie, nel 2005 nonostante la Nichel Cromo, quel mostro buono che aveva il respiro di una filtropressa, continuasse a crescere e a sfornare centinaia di migliaia di euro al mese e così tanto lavoro da pensare di lavorare 24 ore senza sosta, Carlo continua a maledire quel lavoro, suo padre e sua sorella e a millantare debiti di cui non si riesce a trovare una corrispondenza per quel poco che mi è concesso di vedere.

scromata

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